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Clik here to view.di Marco Guerra. Sul carro non si sale ma si spinge. L’avvertimento di Renzi non è bastato ad arginare tutti i capobastone del Pd che un minuto dopo la proclamazione dei risultati delle primarie hanno fatto gara ad incensare il vincitore mettendosi nel solco del ‘nuovo corso’.
L’attendismo e in alcuni casi l’astensionismo (molti i big del partito che avevano annunciato di non andare a votare) si sono di colpo tramutati in un trionfalismo di facciata che mette in risalto “lo spedito risultato” di un Pd che “ raccoglie la sfida del cambiamento”. Di colpo diventano orfane le invettive contro il primo cittadino di Firenze definito a più riprese “un epigono di Silvio” in “continuità con il ventennio berlusconiano”. Alle primarie del 2012 per il candidato premier del centro-sinistra, Vendola definiva il sindaco di Firenze un “giovanotto sull’orlo di una crisi di nervi, spavaldo, che incarna l’inciucio sublime tra sinistra e liberismo”. Ad un anno di distanza il governatore del Puglia parla di “un ciclone che chiude completamente un pezzo di storia politica italiana”, “con Renzi – prosegue Vendola – bisognerà intendersi, ma credo che oggi si sia creato lo spazio per la nascita di una nuova Sinistra”.
In un anno tanta acqua è passata sotto i ponti anche per la Camusso che nel 2012 appoggiava apertamente Bersani spiegando: «La vittoria di Renzi sarebbe certamente un problema, perché le sue proposte sul lavoro sono molto distanti dalle nostre». Il segretario della Cgil – primo sindacato d’Italia e azionista di maggioranza del Pd – nei mesi scorsi ha annusato l’aria che tirava ed è passata su posizioni più neutrali che l’hanno portata a disertare le urne delle primarie per poi tendere la mano al ‘rottamatore’: “A te vanno i nostri auguri di buon lavoro, nella Cgil troverai un interlocutore forte e propositivo”.
Anche tra gli amministratori locali è prevalsa l’attesa. Sindaci e governatori del Pd si sono tenuti fuori dalla disputa. Marino e Crocetta, più volte incalzati anche dalla Stampa, fino all’ultimo non hanno rivelato la loro preferenza ma oggi si annoverano fra coloro che celebrano “il cambiamento”.
È tutto dire quindi se persino la Bindi parla di vittoria della “voglia cambiamento”. A questo punto l’unico sconfitto a meritare l’onore delle armi è Massimo D’Alema che esclude scissioni ma “se sarà necessario – dice l’ ex presidente del Consiglio – se dovessero crearsi determinati presupposti, siamo pronti a dare battaglia, come, del resto, prevede il nostro modo di intendere la politica, la nostra cultura, la nostra tradizione di lotta”.